Con questo post inizierò una serie di scritti che faranno parte di un percorso, attraverso il quale propongo di approfondire quelle conoscenze necessarie per definirsi davvero Tradizionalista.
Per chi lo vorrà, non sarà una semplice lettura, ma qualcosa di più, un orientamento dottrinale, che andrà oltre le belle parole, e che determinerà un modo d´essere e un´appartenenza.
L'Uomo della Tradizione è colui "che dinanzi alla follia del mondo moderno, costruito sul profitto e sulla sopraffazione, oppone un impegno totale per lottare contro ogni abuso e devianza. Si tratta di assumere una disciplina che abbia come scopo il dominio di sé, che valga a ripristinare il senso Sacro della Tradizione, come visione del mondo e come Stile.
Non è più tempo di arrampicarsi sugli specchi, lo Stile non può essere appreso o inventato è una questione di "qualità", è un sentire profondo reale, allora o lo si possiede o si è altro ... solo perdita di tempo."
Dalla presentazione del testo Elementi della Cultura Tradizionale - RAIDO
1. DALLE ORIGINI AL MONDO MODERNO
Nel linguaggio comune il termine Tradizione ha ormai assunto il significato di consuetudine, di abitudine e di costume. Quando si parla di Tradizione ci si riferisce a qualcosa che è appartenuto e che appartiene al passato lontano, il cui ricordo assume oggi solo una forma folcloristica. Un esempio ce lo offre il Natale, del quale rimane attuale solo l’aspetto consumistico, tanto che per la maggioranza delle persone ha ormai perso il valore sacro che possedeva in origine. Non è assolutamente questo il senso e il valore, che si deve attribuire alla Tradizione, in quanto essa è l’insieme di valori eterni, sacri ed incorruttibili. Passando all’esame del mondo tradizionale va subito affermato che esso conosce un’unione, un collegamento effettivo, tra la realtà divina e quella umana, tra spirito e materia. Questa unità né conosce né concepisce la scissione che è propria al mondo moderno, scissione tra sacro e profano (1). Per la Tradizione la partecipazione al sacro è il fondamento di tutta la vita, personale e collettiva, divenendo un’incessante ricerca e ascesa verso l’alto. La stessa Natura con i suoi ritmi e le sue leggi, è concepita come la manifestazione visibile di un ritmo e di un ordine superiore. Tra cielo e terra, tra Dio e uomo, non c’è alcuna separazione o distacco, bensì una vera e propria "similitudine", scorgendo nel secondo il riflesso del primo. Per la dottrina tradizionale, i fenomeni e le forze della natura vanno percepiti come l’espressione di una realtà superiore in quanto simboli atti a spiegare la conoscenza non umana. Premesso questo, si può affermare che l’uomo tradizionale, a differenza dell’uomo moderno, non ha una concezione elementare della Natura, ma al contrario possiede una percezione simbolica e spirituale della stessa. Comprendere il reale significato dei simboli diventa così un sostegno per l’uomo che oggi vuole intraprendere la via della risalita.
Al luogo dell’utopia materialista e progressista dell’ "evoluzione", la civiltà tradizionale conosce una verità opposta: la visione ciclica ed eterna. "Dalla nobiltà delle origini", nello scorrere del tempo, si venne a creare una involuzione. Dalla perfezione dell’origine, infatti, si verificò una caduta dovuta alla dequalificazione dell’uomo, che originariamente non era, come vuol farci intendere la moderna teoria evoluzionista, un essere animalesco, ma al contrario un essere migliore di quello attuale: un "più-che-uomo", un semidio. Così se per la scienza moderna, attraverso la sovversiva teoria evoluzionistica dell’uomo, gli uomini da stati inferiori si sono sempre più evoluti, per la cultura tradizionale da stati superiori originari gli esseri sono decaduti in stati sempre più condizionati da fattori terrestri e materiali. Questa caduta, determinata dal prevalere dell’elemento umano e mortale, è conosciuta nella memoria di vari popoli come "l’oscuramento degli Dei", cioè il ritirarsi delle influenze celesti e l’incapacità da parte dell’uomo di non sapere più attrarle verso sé.
Vi sono, quindi, due modi di intendere e di interpretare la Storia. Da una parte quello moderno e progressista che considera il tempo come un ordine di avvenimenti successivi, misurabili come una quantità, con un prima e un dopo, che procede secondo un ritmo numerico e cronologico. Dall’altra vi è il modo tradizionale, ciclico, simbolico, che guarda allo sviluppo e al tramontare delle civiltà. Dal libro di Esodo "Le opere e i giorni" possiamo ricavare la concezione che gli antichi avevano della Storia divisa in quattro età. Per loro il tempo non scorreva uniformemente e indefinitamente, ma si ripartiva in cicli o periodi, ciascuno dei quali aveva un proprio significato e una propria specificità. Ognuno di questi cicli era quantitativamente diseguale e il loro insieme formava la totalità del tempo. I vari periodi venivano simbolicamente raffigurati da diversi metalli – Oro, Argento, Bronzo e Ferro – a seconda del loro rapporto con l’origine. Questi diversi metalli esprimono simbolicamente un processo di decadenza spirituale attraverso quattro cicli o generazioni. Secondo questa visione, come già detto in precedenza, l’umanità all’inizio avrebbe conosciuto una vita simile agli Dèi, in seguito sarebbe decaduta a forme di organizzazioni sociali dominate dall’empietà, dalla cupidigia, dalla violenza e dall’inganno. Dalla perfezione delle origini si è passati alla separazione del potere guerriero da quello spirituale, per concludersi nel dominio della razza dei mercanti (borghesia). In questo modo alterata l’unità del Principio, si venne a creare una vera e propria involuzione. Questa verità si ritrova in molti testi sacri, dove si conserva il ricordo delle origini, come qualcosa di luminoso e immortale. Si parla di una mitica razza che abitava nella luce eterna, in rapporto diretto con le forze cosmiche e divine. Infatti, non si conosceva fatica e dolore, la terra era generosa e produceva spontaneamente i frutti in abbondanza e gli uomini non conoscevano né vecchiaia, né morte. Questi ultimi erano saggi e felici, "coloro che sono e che possono". Si narra di un tempo primordiale che per le sue caratteristiche venne definito "il ciclo dei Veglianti". La sede, collocata all’estremo Nord, venne chiamata la "Terra dei Veglianti, la sempre verde e lucente". Questa è la patria degli Iperborei, la mitica Thule, Avallon, il Continente bianco, il Paradiso terrestre o l’Età dell’Oro, dalle cui radici fiorirono tutte le civiltà. Era questo il tempo in cui si poteva dire di "uomini che erano simili a Dèi mortali e di Dèi che erano simili a uomini immortali". E’ evidente come, nell’epoca primordiale, uomini e Dèi vivevano in totale armonia, un epoca in cui l’adesione alla verità e alla giustizia era naturale ed assoluta.
Gli Iperborei, la razza delle origini, che chiamavano se stessi gli Arya, i nobili, incarnavano una natura olimpica e regale. Alcuni simboli e caratteristiche che contraddistinguono questa età ne fanno comprendere meglio il suo valore. Si ritrovano, così, le idee di Stabilità e di Centralità, i cui simboli sono: il Polo, la Pietra di fondamento, il Centro, le Vette inaccessibili, la Vita e l’Immortalità, la Luce, il Fuoco ed il Sole.
In un dato momento l’unità tra la divinità e l’uomo viene meno, di conseguenza quest’ultimo è sempre più preda di elementi materiali. Privo di ogni riferimento superiore, l’uomo sprofonda nell’insicurezza e nell’angoscia di fronte allo scorrere banale dell’esistenza. Conformità e fedeltà iniziale, andarono progressivamente tramontando sino all’apparire del mondo moderno.
La memoria storica dei popoli antichi, afferma che il passaggio da un’epoca all’altra era caratterizzato da veri e propri cataclismi. Un esempio innegabile è l’inclinazione dell’asse terrestre e il conseguente mutamento del clima. Di questo evento si conserva il ricordo in molte tradizioni che parlano di una mitica glaciazione che rese inospitale la sede iperborea e necessaria la migrazione dei suoi abitanti. Simbolicamente, l’inclinazione dell’asse terrestre rappresenta la caduta, l’alterazione spirituale e la conseguente perdita del "Centro", cioè delle origini (2). La conseguenza di tale caduta fece sì che ciò che era manifesto si oscurò e dalla prima età, quella dell’Oro, il Ciclo artico, si passò alla seconda: l’età dell’Argento o Ciclo atlantico. Quest’ultimo è indubbiamente meno regale del primo, ma pur sempre nobile. In quest’età, come reazione alla perdita dello stato primordiale, nasce la Religione; dal latino Re-ligio = ricollegare, riannodare; con le sue forme panteistiche, devozionali e mistiche. Simboli per eccellenza di questo periodo sono la luna, la notte, il serpente (fecondità), che indicano l’elemento femminile. La donna, quale madre, viene eretta a principio e sostanza della generazione. La divinità maschile è concepita come mortale. Inoltre la società è regolata dal principio sacerdotale e la funzione regale è confinata al solo potere politico. Quest’epoca difatti segna l’inizio della separazione del potere politico dall’Autorità spirituale. Ma il ciclo di caduta non si arresta, così al secondo periodo subentrò l’età del Bronzo o Ciclo dei Giganti. Questa fase è caratterizzata dall’affermazione della virilità selvaggia e materializzata, l’elemento spirituale è ormai secolarizzato (3). Non esiste più la vera Autorità, ma un semplice dominio che per affermarsi deve adoperare la forza. Questa è l’epoca della violenza e dell’usurpazione. Infine, viene l’età del Ferro o "Ciclo oscuro", corrispondente al nostro tempo, dove predominano l’ingiustizia, la morte e il dolore. In questa fase "fa da re" il potere economico, l’uomo è impegnato esclusivamente alla ricerca del "benessere a tutti i costi", dimenticando il suo rapporto con il divino. Prendono il sopravvento le forze infere legate allo scatenamento della materia. La funzione regale, presente e naturale nell’Età dell’Oro, ora si è ritirata e non è più manifesta. A queste quattro età se ne affianca un’altra, chiamata età degli Eroi o Ciclo Ario: essa costituirà la restaurazione dell’età aurea. Questo Ciclo è il superamento dei vari stadi di caduta, rappresentante la riconquista dell’età aurea, con il conseguente ricollegamento alla sacralità delle origini. Dovere dell’uomo della Tradizione è impegnarsi affinché questo periodo veda le schiere del Fronte della Tradizione preparate ad affrontare gli oscuri nemici e uscirne vittorioso.
Tratto dal saggio sui principi fondamentali della Tradizione dell'Associazione Culturale Raido-
Note:
(1) Questa verità la si può dimostrare facendo riferimento alla vita quotidiana. Così come il corpo che si nutre di alimenti sani manifesta salute e benessere psicofisico, allo stesso modo, la persona che compie il proprio dovere, in ordine ai valori della Tradizione, riscontra intorno a sé l’effetto ordinatore delle sue azioni.
(2) Per analogia si può osservare come l’inclinazione dell’asse terrestre sia in corrispondenza con l’inclinazione dell’asse del cuore umano.
(3) Secolarizzazione: istituzionalmente è un provvedimento con il quale il chierico viene ridotto ad uno stato laicale. Attualmente, per "processo di secolarizzazione" si intende il progressivo venir meno della presenza dell’elemento religioso nella vita del singolo e nella società.
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