Vi invito ad avere pazienza a leggere
questa ricostruzione dei fatti di quel Luglio 1943. Una storia vista da
un'altro punto di vista rispetto a quello che ci hanno fatto studiare sui libri
di scuola. Una storia di inganni e di tradimenti, che portò l'Italia dal 25
luglio all'otto settembre al suicidio dello Stato Nazionale italiano.
Giorni in cui si vide un re, che dal Fascismo
aveva avuto tre corone e accrescere in prestigio e splendore, rinnegare d'un
tratto vent'anni di storia.
Si vide un soldato, che durante il ventennio era
stato dal Fascismo nominato ambasciatore, governatore, capo di stato maggiore
generale, Maresciallo d'Italia, marchese del Sabotino, duca di Addis Abeba,
assumere il potere con lo scopo di distruggere immediatamente il Fascismo.
Si videro uomini che dal Fascismo erano stati
portati ai più alti onori e alle massime responsabilità, che tutto ripetevano
da Mussolini, senza il quale sarebbero stati oscuri numeri nella massa, tradire
il loro Capo.
Si videro capitalisti, che dal Regime avevano
avuto la pace sociale e la tranquillità dei loro averi, far parte della
congiura e aprire al nemico le porte d'Italia.
Si videro gli anglo - americani far credere agli
italiani, che l'Inghilterra, l'America e la Russia non stessero facendo la
guerra all'Italia, ma al Fascismo, offrendo all'Italia una vaga promessa di generosità.
IL
TRADIZIONALISTA
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Sono passati 70 anni da quando l'Italia
fu gettata nel baratro. Perché, se l'otto settembre segna la data
nefasta dell'ignominioso armistizio, del tradimento del'alleato,
dello sfacelo delle forze armate, della disgregazione totale dello
Stato, il 25 luglio rappresenta l'inizio di quel che avvenne 45
giorni dopo.
Quest'infausta data non fu altro che una gravissima
crisi in cui egoismi, sordi rancori, obliqui interessi personali e
materiali tentarono, sacrificando ignobilmente la Patria, di
prevalere sugli interessi vitali della Nazione e sui diritti
fondamentali del popolo italiano.
Al centro della congiura, ci fu
la corona. Come Vittorio Emanuele stesso aveva dichiarato ad un
giornale americano, egli voleva "farla finita col Fascismo".
E'
molto probabile che pensasse di salvare il regno, vista la difficoltà
con cui abdicò molto tempo dopo, consigliato dallo stesso Benedetto
Croce e da tutti i rappresentati del governo Bonomi.
Tuttavia, gli
stessi nemici lo avevano categoricamente ammonito che le sorti della
monarchia fossero inscindibilmente connesse con quelle del
Fascismo.
In un volume di circa 800 pagine, minuziosamente
informato su La Chiesa e lo Stato nell'Italia fascista, un ben noto
Professore dell'Università di Dublino dell'epoca, D.A. Binchy, aveva
affermato l'anno precedente: "Aderendo alla politica dell'Asse e
alla guerra a fianco della Germania, Casa Savoia ha dimostrato la sua
convinzione di dover seguire la sorte del Regime fascista. il re e
suo figlio non possono sperare di sopravvivere sia pure di cinque
minuti, a Mussolini".
Ma poco prima del 25 luglio gli anglo -
americani avevano insinuato nell'animo di tanti italiani, facilmente
disposti a dimenticare la secolare perfidia britannica, che
l'Inghilterra, l'America e la Russia non stessero facendo la guerra
all'Italia, ma al Fascismo, e le più rosee speranze potevano essere
concepite, le più serene prospettive potevano aprirsi per il popolo
italiano.
Così, una catena di inganni e di tradimenti si creò,
tra i nemici, la monarchia, lo stato maggiore, un gruppo di gerarchi
fascisti, alcuni ceti plutocratici. Ed essa portò al 25 luglio e da
lì all'otto settembre.
Tutti furono atrocemente ingannati dal
nemico, tutti si ingannarono e si tradirono a vicenda, ciascun gruppo
sperando di salvare se stesso, incurante del destino degli altri, e
tutti insieme assolutamente sordi ad ogni richiamo della Patria.
Come
ha ricordato poche settimane fa, in uno speciale sul Corriere della
Sera circa il 25 luglio Paolo Mieli, portando tre testimonianze di
protagonisti del 25 luglio, poi sopravvissuti, ognuno di loro aveva
sentito il bisogno di tornare a Roma per partecipare a quella
riunione, quasi sentisse una voce misteriosa che li comandasse. Salvo
poi purtroppo trattarsi di un suicidio inconsapevole dell'intera
nazione.
Si vide così un re, che dal Fascismo aveva avuto tre
corone, il titolo di imperatore e di re d'Albania, e che solo per
virtù di quella forza politica aveva potuto mantenere saldo - e
accrescere in prestigio e splendore - il torno già pericolosamente
vacillante dopo la guerra vinta a beneficio altrui, rinnegare d'un
tratto vent'anni di solidarietà, di legami intimi, di gratitudine
ripetutamente e apertamente manifestata al Regime Fascista, gettando
alle ortiche Mussolini come un'insopportabile zavorra.
Si vide
così un soldato, che durante il ventennio era stato dal Fascismo
nominato ambasciatore, governatore, capo di stato maggiore generale,
Maresciallo d'Italia, marchese del Sabotino, duca di Addis Abeba,
assumere il potere con lo scopo di distruggere immediatamente il
Fascismo, consegnare Mussolini al nemico, tradire l'alleato con il
quale aveva fatto combattere le forze armate italiane.
E - cosa
incredibile per un militare - precipitarsi a chiedere non l'onore di
risollevare con le armi, combattendo fino all'ultimo le sorti della
Patria in guerra, ma l'onore della resa a discrezione, la
capitolazione senza condizioni, cioè l'atto che per chiunque sarebbe
stato un castigo indicibile, e che per un soldato, coi titoli
nobiliari vantanti, sarebbe stato più grave della morte.
Si
videro così uomini che dal Fascismo erano stati portati ai più alti
onori e alle massime responsabilità, che tutto ripetevano da
Mussolini, senza il quale sarebbero stati oscuri numeri nella massa,
tradire il loro Capo, abiurare al loro giuramento, mancare ai loro
doveri verso la Patria, verso il popolo, verso sé medesimi e farsi
strumento della trista congiura, fornire al re il pretesto
"costituzionale" di "farla finita col Fascismo".
Si
videro capitalisti, che dal Regime avevano avuto la pace sociale e la
tranquillità dei loro averi, clero, che solo da Mussolini aveva
visto finalmente riconciliati, Stato Maggiore che dal Fascismo era
stato ricreato dopo il misconoscimento del dopoguerra, far parte
della congiura e aprire al nemico le porte d'Italia, perché, come la
documentazione contenuta nella Storia di un anno dimostra
inoppugnabilmente come si sia voluto il nemico in casa, ci si sia
lasciati invadere in Sicilia dalle truppe angloamericane per
abbattere il Fascismo.
Tanto è accaduto il 25 luglio di 70 anni
fa.
Il popolo italiano può comprendere ancora oggi i risultati di
quella tragica data, che non fu solamente un tradimento nei confronti
di Mussolini e al Fascismo, ma come i terribili eventi hanno poi
dimostrato, fu un qualcosa di perpetuo ai danni del popolo, che ha
visto le sue terre e le sue case devastate dagli orrori delle guerra
fratricida, le sue conquiste, le sue speranze, il suo avvenire
distrutti, il suo onore calpestato, la sua unità nazionale, in un
secolo di Risorgimento raggiunta, spezzata, tutto il suo territorio
occupato dal nemico a sud, dall'alleato a nord, la sicurezza della
sua esistenza che riposava sullo Stato e sulle Forze armate, finita,
il caos, l'odio, la miseria, l'abisso prendere il posto di
quell'Italia il cui volto materiale e morale era stato trasformato
nei venti anni dal Regime e che veniva ammirata dal mondo intero.
I
responsabili del 25 luglio, coscienti o meno, compirono un crimine di
lesa Patria che non ha eguali nella nostra storia, salvo la riunione
del Panfilo Britannia.
Essi consegnarono l'Italia, mani e piedi
legati, al nemico, il quale aveva voluto la testa del Fascismo, per
ottenere quella dell'Italia.
Il nemico sapeva infatti, più e
meglio di noi, che il Fascismo rappresentava la forza più temibile
della Patria, e solo abbattendolo si poteva avere ragione
dell'Italia. Ciò è stato evidenziato anche nel libro «Husky», di
Casarrubea & Mario J. Cereghino, appena dato alle stampe con
documenti segreti.
Ed è giusto ricordare anche quanto scriveva il
Corriere della Sera il 4 agosto 1943, durante l'amministrazione
badogliana, subito deluso dalla terribile piega che gli avvenimenti
stavano prendendo, dopo l'incosciente euforia dei primi momenti: «i
nemici andavano ripetendo che essi facevano la guerra al Fascismo e
non all'Italia. Il Fascismo è caduto - che cosa hanno allora offerto
all'Italia? Nulla, fuorché una vaga promessa di generosità, logoro
"guanto di velluto" sopra il pugno di ferro della "resa
incondizionata" non del Governo e dell'Esercito soltanto, ma
dell'Italia. L'Italia ai piedi del vincitore, disfatta e anelante
nell'attesa di una sentenza di cui non le è concesso misurare il
peso e limitare l'estensione. I nemici vogliono l'Italia. L'Italia
non più fascista, l'Italia arresa a discrezione, disonorata dalla
fuga verso le ginocchia del nemico trionfante e di questo disonore
compensata, non già con quel sollievo fisico che si concede
sprezzantemente ai più deboli, ma con un atroce ricrudimento di
tutte le sue sofferenze. Il nemico ci vuol consegnare fiaccati e
avviliti alla storia perché i nostri figli e quelli che verranno da
loro abbiano a vergognarsi di noi e aggravare la nostra memoria del
male commesso con una resa incondizionata».
Questo, che gli
stessi avversari del Fascismo così lucidamente prevedevano doveva
accadere per opera del re e di Badoglio un mese dopo. Le clausole
dell'armistizio che il Governo di Bonomi rivelava al popolo italiano,
potava all'ignominioso otto settembre.
Furono gli stessi
antifascisti, i "più bei nomi" del fuoriuscitismo italiano
in America, alcuni dei quali già muniti di cittadinanza americana,
che comunicarono quali fossero gli scopi e quali fossero stati i
risultati dell'armistizio "elargito" dagli angloamericani
al nostro Paese.
Basti leggere la rivista dell'epoca Life, per
leggere le firme dei vari Toscanini, Salvemini, Borgese, e capire già
in quel momento quanto fossero eloquenti quelle parole: «Da qualche
tempo è attesa una dichiarazione nella quale la Gran Bretagna
smentisca ufficialmente le voci che l'Ammiragliato britannico, sotto
il pretesto del separatismo regnante in Sicilia, spinge l'Inghilterra
ad assumersi il controllo della Sicilia. La Sicilia è più italiana
di quanto la Scozia e il Galles non siano inglesi. Inoltre si
richiede una dichiarazione, nella quale si dica che la Gran Bretagna
e gli Stati Uniti non intendono separare territori e città
dall'Italia, come sarebbe il caso di Trieste».
Peccato che il
diktat del 10 febbraio del 1947 separerà definitivamente l'Istria,
parte della Dalmazia, Fiume e il Carnaro all'Italia.
Quanto alle
terre dell'ex Impero Italiano in Africa, il documento del Life
dichiarava che l'Italia vi avrebbe rinunziato a patto che anche gli
altri Stati coloniali avessero fatto altrettanto nei riguardi dei
propri possedimenti, da porsi tutti sotto il controllo di una
consociazione internazionale.
E il manifesto, concludeva: «Al
popolo italiano non è stato dato nulla e non è stato promesso
nulla, eccetto il sarcasmo unito alla schiavitù. In fondo l'Italia è
la vittima che deve pagare ogni cosa. All'Italia è stato imposto un
armistizio così vergognoso che le parti contraenti hanno accettato
di tenerlo nascosto al pubblico. Le ceneri della vergogna sono state
sparse sui resti di una Nazione. Per lungo tempo noi sperammo che la
morte del Fascismo significasse la vita dell'Italia. Ora l'Italia sta
morendo».
Il fatto che l'antifascismo lo abbia riconosciuto, è
pur sempre cosa positiva.
Tuttavia, l'essere gli esecutori
materiali della scomparsa dell'Italia e del suo Stato, nonché del
suo ruolo del mondo è una macchia incancellabile nei secoli, per la
quale ogni perdono è impossibile. E che cosa avrebbero poi
guadagnato, gli esecutori di questo 25 luglio? Il re perse la corona,
e al luogotenente del figlio non rimasero che le briciole di pochi
giorni.
I traditori del Gran Consiglio scapparono, furono
condannati in contumacia e altri furono processati a Verona.
Lo
Stato Maggiore finì con lo sfacelo conseguente alle nefande
condizioni armistiziali.
Plutocrazia, clero e altri si profilarono
dietro la figura di Bonomi. Nonché l'agente di Stalin, Togliatti, il
quale giunse in Italia sapendo perfettamente ciò che voleva, essendo
uno dei pochi ad avere ai suoi ordini un partito organizzato ed
armato.
Il popolo, tuttavia, comprese subito dopo le finte
manifestazioni di giubilo dopo il 25 luglio, quali fossero stati gli
amarissimi frutti del colpo di Stato.
Unico peccato, che non lo
comprendano oggi, 70 anni dopo, vista la situazione, tragica
altrettanto.
Fonte
http://www.rinascita.eu/index.php?action=news&id=22153